L'indegnità
costituisce lo strumento predisposto dal legislatore per rimuovere un
soggetto dall'eredità o dal legato a causa della sua
condotta riprovevole nei confronti del defunto, e trae propriamente
fondamento dalla ripugnanza sociale a consentire che chi abbia
gravemente offeso la persona dell'ereditando o la sua
libertà testamentaria possa trarre profitto
dall'eredità dell'offeso.
L'indegnità viene considerata come
sanzione civile per l'atto illecito posto in essere, ed operando quale
causa di esclusione dalla successione spiega i suoi effetti solo dal
momento della pronuncia del giudice.
I casi di indegnità sono riconducibili ad attentati alla
persona fisica del testatore, attentati alla sua integrità
morale ed alla libertà di testare, e vengono tassativamente
elencati dall'art. 463 c.c., che qualifica indegno:
- chi ha volontariamente ucciso o tentato di
uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un
discendente, o un ascendente della medesima, purché non
ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a
norma della legge penale;
- chi ha commesso, in danno di una tali persone,
un fatto al quale la legge penale dichiara applicabili le disposizioni
sull'omicidio;
- chi ha denunziato una di tali persone per reato
punibile con l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore
nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata
calunniosamente in un giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le
persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza
è stata dichiarata nei confronti di lui, falsa in giudizio
penale;
- chi ha indotto con violenza o dolo la persona,
della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare testamento o
l'ha impedita;
- chi ha soppresso, celato o alterato il
testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;
- chi ha formato un testamento falso o ne ha
fatto scientemente uso.
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