Di regola, il lavoratore può essere
licenziato quando, nell’ambito del rapporto di lavoro, pone in
essere dei comportamenti che risultano incompatibili con la
prosecuzione di tale rapporto, e che possono consistere, per esempio,
in una grave insubordinazione nei confronti dei propri superiori
piuttosto che nella sottrazione di materiali aziendali. In questo caso
si parla di giusta causa di licenziamento,
che sta appunto ad indicare una grave violazione, da parte del
lavoratore, dei propri obblighi di diligenza e di fedeltà.
Peraltro, è prevista, dal nostro ordinamento,
anche l’ipotesi del licenziamento per "giustificato motivo
soggettivo". Con tale espressione si fa riferimento, più in
generale, anche a comportamenti del lavoratore che, pur non
realizzandosi nell’ambito dell’attività lavorativa,
o comunque in connessione con essa, risultano comunque tali da
compromettere il rapporto fiduciario che sta alla base di ogni rapporto
di lavoro.
Per esempio, se il cassiere di una banca sottrae del
denaro alla banca stessa, ci si troverà, ragionevolmente, in
presenza di una giusta causa di licenziamento, ferma restando la
necessità di valutare la gravità del comportamento
(è diverso se il furto è di mille lire piuttosto che di
un milione) e le eventuali giustificazioni del lavoratore. Se, invece,
lo stesso cassiere dovesse essere sorpreso a rubare, per esempio, in un
grande magazzino, al di fuori del proprio orario di lavoro o nel
periodo di ferie, non ci si troverebbe in presenza di una giusta causa
di licenziamento, dal momento che lo stesso non avrebbe violato alcun
obbligo relativo al proprio rapporto di lavoro. Nondimeno, la banca
potrebbe, fondatamente, non fidarsi più di una persona che, per
le sue caratteristiche soggettive, risulterebbe non più idonea a
svolgere il ruolo di responsabilità affidatale.
In definitiva, è vero che anche comportamenti
esterni all’attività lavorativa possono avere un riflesso
sul rapporto di lavoro; ciò, peraltro, solo nel caso in cui, per
la gravità degli stessi e per il ruolo affidato al lavoratore,
sia oggettivamente possibile dedurre, da tali comportamenti, il venir
meno, in modo irreversibile, del rapporto di fiducia.
Se, per tornare all’esempio precedente, colui che è stato
sorpreso a rubare in un supermercato svolgesse, invece che il ruolo di
cassiere, mansioni che non lo pongono in contatto con denaro od altri
beni aziendali, risulterebbe arduo sostenere che un fatto commesso al
di fuori dell’attività lavorativa, magari per la prima
volta, possa costituire una ragione sufficiente per privare una persona
della propria occupazione ovvero, di norma, della propria unica fonte
di sostentamento.
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