Si parla di interdizione
in tutti quei casi in cui una persona maggiorenne si trovi in
situazione di abituale infermità di mente,
cioè sia incapace di provvedere ai propri interessi.
L'interdizione determina una situazione di
incapacità legale a compiere atti giuridici identica a
quella in cui si trova il minore. Gli atti eventualmente compiuti
dall'interdetto, pertanto, sono annullabili ad opera del tutore, dello
stesso interdetto o dei suoi eredi o aventi causa (art. 427 c.c.).
La domanda per dichiarare l'interdizione
può essere chiesta solo da determinati soggetti.
Con la sentenza che dichiara l'interdizione viene
disposta la nomina di un tutore, scelto di
preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un
figlio maggiorenne o la persona designata con testamento dal genitore
superstite, con il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e
di
amministrare il suo patrimonio.
Già nel corso del giudizio per
dichiarare l'interdizione, il giudice, se lo ritiene opportuno,
può provvedere alla nomina di un tutore provvisorio.
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