La l. 547/93, che ha
introdotto nel nostro ordinamento una serie di nuove ipotesi di reato
classificate genericamente come 'crimini informatici', non ha
però nulla aggiunto in ordine alla possibilità di
configurare anche il reato di ingiuria o diffamazione perpetuato
attraverso le reti informatiche o telematiche.
Non é difficile sostenere, tuttavia,
che le fattispecie di reato di cui agli artt. 594 (ingiuria)
e 595 (diffamazione) del codice penale,
sono sufficientemente generiche da ricomprendere anche tutti quei
comportamenti offensivi che si compiono attraverso le reti informatiche
e le moderne tecniche di comunicazione in generale (SMS, Chat,
Newsletter etc.).
La stessa Corte di Cassazione, in una recente
pronuncia, avalla tale posizione, affermando che é
addirittura intuitivo che 'i reati previsti dagli articoli 594
e 595 c.p. possano essere commessi anche per via telematica o
informatica; basterebbe pensare alla cosiddetta trasmissione via
e-mail, per rendersi conto che é certamente possibile che un
agente, inviando a più persone messaggi atti ad offendere un
soggetto, realizzi la condotta tipica del delitto di ingiuria (se il
destinatario é lo stesso soggetto offeso) o di diffamazione
(se i destinatari sono persone diverse)' (cass. sez. V
penale, 27.12.2000, n. 4741).
La Corte afferma, in particolare, che il reato di
diffamazione si perfeziona nel momento in cui il messaggio viene
percepito da parte di soggetti che siano terzi rispetto all'agente ed
alla persona offesa. Non é infatti necessaria la
contestualità tra l'offesa e la sua percezione "ben
potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli
altri, ovvero dall'agente".
Da quanto ora affermato, può ricavarsi
con certezza che la diffamazione e l'ingiuria, oltre che per il mezzo
dell'e-mail, possono realizzarsi anche attraverso tutti i diversi
servizi della rete: le mailing list, le riviste
telematiche, le newsgroup, le pagine Web e le chat.
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