T.A.R.
Campania
- Napoli
Sezione
V
Sentenza
4 gennaio 2007, n. 39
N.
39 Reg. Sent.
ANNO 2007
N. 6289 Reg. Ric.
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania - Sezione V^ - composto dai Signori:
1) Carlo d’Alessandro - Presidente
2) Paolo Carpentieri - Consigliere –
relatore
3) Michelangelo Francavilla - Componente
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 6289/2006 Reg. Gen., proposto da
aaa, bbb, ccc, ddd, eee, ..., rappresentati e difesi dagli avv.ti
Tommaso Perpetua e Domenico Amicarelli, con domicilio eletto Napoli
alla via Chiatamone 55
contro
il Ministero dell’economia e delle
finanze, in persona del ministro p.t., rappresentato e difeso in
giudizio, ex lege, dall’Avvoatura
Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia, ope
legis, in Napoli alla via Diaz 11;
e
nei confronti di
P. A., rappresentato e difeso in giudizio
dall’avv. Pasquale Fornaio, con domicilio eletto in Napoli,
presso la Segreteria dell’adito TAR;
per
l’annullamento
<<del provvedimento prot. n. 0055742
del 17.7.2006, successivamente comunicato, con cui il Ministero
dell’economia e delle finanze ha riscontrato negativamente la
istanza di accesso agli atti prodotta dai ricorrenti, rilevando che
“nessuno degli impiegati in argomento è
stato ammesso a partecipare alle suddette procedure e che, pertanto,
non sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale
all’accesso richiesto da parte dei medesimi”;
nonché
per la declaratoria
dell’obbligo
dell’amministrazione di consentire ai ricorrenti di accedere
alla documentazione richiesta.>>.
VISTI il ricorso ed i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio
del Ministero dell’economia e delle finanze con le annesse
produzioni;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio
del soggetto controinteressato sig. A. P.;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla camera di consiglio del 30 novembre
2006 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri – gli avv.ti
riportati a verbale;
RITENUTO e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
FATTO
Con il ricorso introduttivo – notificato
in data 4 ottobre 2006 e depositato presso la Segreteria del Tribunale
il successivo il 19 ottobre – i ricorrenti, dipendenti del
Ministero delle finanze in servizio presso la Direzione provinciale dei
servizi vari di Napoli, adiscono questo Tribunale per
l’annullamento del provvedimento in epigrafe intimato, con
cui l’amministrazione resistente ha denegato
l’accesso agli atti di cui all’istanza ex l. 241
del 1990 fatta pervenire il 13 giugno 2006.
I ricorrenti riferiscono:
- di aver presentato, nei termini previsti dal
bando del 30 luglio 2001, istanza di partecipazione al
corso–concorso di progressione professionale indetto dal
Ministero delle finanze con circolare prot. n. 004688 del 15 novembre
2000, per i passaggi interni alle Aree professionali
“B” e “C”;
- che il bando prevedeva, per il caso di
acquisizione della posizione economica superiore presso una sede
diversa da quella di appartenenza, l’obbligo di permanenza
presso la sede di destinazione per un periodo non inferiore a tre anni;
- che pertanto essi ricorrenti avevano rinunciato
a partecipare al concorso presso altre province, presentando, invece,
domanda di partecipazione esclusivamente presso il dipartimento della
loro provincia;
- di essere però venuti informalmente a
conoscenza del fatto che, al termine della procedura concorsuale,
alcuni dipendenti che avevano optato per altre province e ivi
conseguito la promozione accedendo ai corsi di riqualificazione,
sarebbero stati successivamente destinati alle stesse province di
provenienza e di originaria appartenenza, in elusione
dell’obbligo di permanenza nella provincia prescelta,
così come stabilito dal bando;
- che, dunque, al fine di verificare la
regolarità della suddetta procedura, avevano presentato
istanza di accesso agli atti, chiedendo di poter visionare ed estrarre
copia degli atti relativi alla procedura concorsuale indetta con
circolare ministeriale n. 004688 del 15 novembre 2000 ed in particolare
degli atti di nomina ed immissione in ruolo dei soggetti risultati
vincitori, con indicazione della sede conferita agli stessi e degli
eventuali benefici concessi o dei trasferimenti disposti in deroga
all’obbligo di permanenza previsto dal bando.
Sennonché, riferiscono ancora gli
esponenti, l’amministrazione aveva a riscontrare
negativamente tale domanda di accesso con la nota prot. n. 0055742 del
17 luglio 2006, con cui negava l’accesso perché
“.nessuno degli impiegati in argomento è
stato ammesso a partecipare alle suddette procedure e che, pertanto,
non sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale
all’accesso richiesto da parte dei medesimi”
Avverso questo provvedimento i ricorrenti hanno
quindi adito questo giudice, con il ricorso in esame, per ottenerne
l’annullamento e per la declaratoria del diritto
all’accesso dell’intera documentazione richiesta.
In data 30 ottobre 2006 si è costituito
in giudizio il Ministero dell’economia e delle finanze con
memoria di stile.
Con successiva memoria versata in atti in data 22
novembre 2006, l’amministrazione ha preliminarmente
rappresentato che nel ricorso introduttivo risultano alcuni errori
materiali nell’identificazione di alcuni ricorrenti (sarebbe
erroneamente indicato il nominativo di S. G.,
invece che S. G.; parimenti errato sarebbe il
nominativo della ricorrente C. C., lì
dove, nella domanda d’accesso, risulta essere M. C.
P.: ha altresì rappresentato che
quest’ultima non è stata interessata dalle
procedure di riqualificazione del Ministero delle finanze, essendovi
transitata in data 1 ottobre 2004, a seguito di mobilità).
Nel merito l’amministrazione ha contestato la fondatezza del
ricorso, sia ribadendo la motivazione già addotta in sede di
diniego, in punto di carenza di interesse all’accesso, sia
adducendo l’ulteriore profilo ostativo costituito da
un’asserita estrema genericità
dell’istanza di accesso, che risulterebbe priva
dell’individuazione di documenti ben precisi riguardanti
situazioni puntualmente individuate, trasmodando, in tal modo, secondo
le difese dell’amministrazione intimata, in una pretesa di
controllo generalizzato sull’operato
dell’amministrazione in tema di provvedimenti di
inquadramento ed immissione in ruolo dei vincitori delle qualificazioni.
Si è altresì costituito in
giudizio, con mero atto di stile depositato alla camera di consiglio
del 30 novembre 2006, il controinteressato sig. A. P..
Alla camera di consiglio del 30 novembre 2006 la
causa è stata chiamata e introitata in decisione.
DIRITTO
In rito il Collegio ritiene che non sussista
l’esigenza di integrazione del contraddittorio nei confronti
di tutti i soggetti cui si riferiscono gli atti oggetto della domanda
di accesso (<<atti relativi alla procedura concorsuale
indetta con circolare ministeriale n. 004688 del 15 novembre 2000 ed in
particolare degli atti di nomina ed immissione in ruolo dei soggetti
risultati vincitori, con indicazione della sede conferita agli stessi e
degli eventuali benefici concessi o dei trasferimenti disposti in
deroga all’obbligo di permanenza previsto dal
bando>>).
La posizione di controinteressato, infatti, in una
materia quale quella del diritto di accesso, richiede di essere
adeguatamente calibrata in modo da non divenire, se riguardata in
chiave troppo formalistica, una causa di restrizione eccessiva
dell’esercizio di questa posizione soggettiva, considerata
dal legislatore con assoluto favore. Il comma 2 dell’art. 22
della legge n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 15
della legge n. 15 del 2005, include l’accesso ai documenti
amministrativi nel novero dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo
comma, lettera m), della Costituzione.
L’accesso ai documenti amministrativi è
altresì compreso tra i diritti di cittadinanza europea dal
Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto a Roma il 29
ottobre 2004, ratificato in Italia con legge 7 aprile 2005, n. 57 (art.
II-102, compreso nella Parte II, che reca la Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione, al Titolo V,. rubricato Cittadinanza).
Il favor espresso dal sistema normativo per
l’effettività del diritto di accesso impone
all’interprete, tra più soluzioni alternative, di
scegliere quella che più è idonea ad assicurarne
l’esercizio e la tutela, rifuggendo da inutili ed eccessivi
appesantimenti e formalismi. In questa luce la posizione del
controinteressato deve essere valutata in termini sostanziali e non
meramente formali. Non basta, perché vi sia una posizione di
controinteresse tutelata, il solo dato formale della menzione del
soggetto nell’atto, ma occorre il dato sostanziale di un fumus
di meritevolezza di tutela nel merito di tale supposto controinteresse
all’accesso. Il giudice, in altri termini, di fronte alla
domanda se vi siano soggetti controinteressati nei cui confronti il
contraddittorio debba essere integrato, non deve limitarsi a guardare
il solo profilo esteriore e formale della menzione di tali soggetti
negli atti e nei documenti cui si riferisce l’accesso, oppure
al dato estrinseco che tali soggetti siano comunque riguardati dagli
atti e documenti medesimi, ma deve spingersi oltre, compiendo una
delibazione, ancorché sommaria e prognostica, in ordine alla
non manifesta infondatezza di un’eventuale opposizione da
parte di tali soggetti. Solo in caso di esito positivo di questo primo
vaglio provvisorio, di serietà e meritevolezza di tutela di
tali posizioni di controinteresse, appare ragionevole, infatti, gravare
il ricorrente che reclama l’accesso del notevole onere di
provvedere all’integrazione del contraddittorio.
Naturalmente, questa regola interpretativa deve
essere temperata nella logica della proporzionalità e
ragionevolezza, nel senso che essa soccorrerà e
sarà applicabile essenzialmente solo allorquando si profili
un numero notevole di soggetti potenzialmente controinteressati, tale
da rendere eccessivamente onerosa e difficoltosa in concreto
l’integrazione del contraddittorio, mentre, lì
dove si abbia a che fare solo con uno, o con pochi controinteressati,
sarà invece ragionevole accordare preferenza comunque alla
regola generale della necessaria integrità del
contraddittorio, posto che, in un caso del genere, il rispetto di
questa regola non si traduce in una eccessiva compressione del diritto
di accesso. In definitiva, il giudice è chiamato, anche in
questo caso, ad operare un accorto bilanciamento di interessi e pretese
entrambi di rango e rilievo costituzionale, quali il diritto al
contraddittorio, da un lato, e l’effettività
dell’esercizio di questo nuovo diritto fondamentale di
cittadinanza che è rappresentato dal diritto di accesso,
dall’altro, definendo, secondo un giudizio in concreto,
rifuggendo da meccanici automatismi, quale sia di volta in volta il
punto di equilibrio corretto tra semplicità ed
effettività dell’esercizio e della tutela del
diritto di accesso e principio dell’integrazione del
contraddittorio.
La legge n. 15 del 2005, sostituendo
l’articolo 22 della legge n. 241 del 1990, ha introdotto
formalmente, come è noto, la nozione di controinteressato
nell’ambito del diritto di accesso ai documenti
amministrativi (<<c) per
«controinteressati» [si intende], tutti i soggetti,
individuati o facilmente individuabili in base alla natura del
documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero
compromesso il loro diritto alla riservatezza>>). Non,
dunque, tutti i soggetti contemplati nell’atto o da questo
riguardati sono per ciò solo controinteressati
all’accesso, ma solo quelli che dall'esercizio
dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza.
Questa previsione normativa pare idonea al Collegio a fondare la tesi,
sopra proposta, della delibazione preliminare di non manifesta
infondatezza dell’opposizione del potenziale
controinteressato e la conseguente opzione per una nozione sostanziale
e non meramente formale di controinteresse.
Il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, recante il nuovo
regolamento di disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativi, all’art. 3, ha per parte sua disciplinato il
profilo della partecipazione dei controinteressati al procedimento
amministrativo volto alla decisione sulla domanda di accesso
(<<3. Notifica ai controinteressati. 1. Fermo quanto
previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è
indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti
controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c),
della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi,
mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o
per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di
comunicazione. I soggetti controinteressati sono individuati tenuto
anche conto del contenuto degli atti connessi, di cui all'articolo 7,
comma 2. 2. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di
cui al comma 1, i controinteressati possono presentare una motivata
opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso.
Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla
richiesta, accertata la ricezione della comunicazione di cui al comma
1>>). E’ da notare che la previsione che onera
l’amministrazione a provvedere all’integrazione del
contraddittorio nella fase procedimentale è stata inserita
su specifica indicazione del parere del Consiglio di Stato espresso
dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 13
febbraio 2006, e ciò proprio sul rilievo che
l’originaria previsione proposta dal Governo (che poneva
l’onere a carico del soggetto richiedente) era da ritenersi
eccessivamente onerosa e sostanzialmente impeditiva di un effettivo
esercizio del diritto di accesso. La mancata disciplina del
contraddittorio rispetto ai controinteressati nel giudizio avverso il
diniego (tacito o espresso) di accesso implica un rinvio alle generali
regole processuali. Questo rinvio, però, per quanto sopra
esposto, si traduce in uno squilibrio nel trattamento del soggetto
richiedente l’accesso, che passa da una forte considerazione
e tutela sul piano procedimentale (per cui il problema dei
controinteressati è un problema
dell’amministrazione, sia sul piano della individuazione di
questi soggetti, che su quello, conseguente, della loro chiamata nel
procedimento), a una completa mancanza di considerazione sul piano
processuale, dove, in specie ove non si sia già provveduto
sul punto a livello procedimentale, il peso del problema del
controinteressato (da individuare ed evocare ritualmente in giudizio)
ricade tutto sulle spalle del ricorrente.
Ritiene il Collegio che un ragionevole punto di
equilibrio tra le evidenziate opposte esigenze, entrambe meritevoli di
considerazione, dell’integrità processuale del
contraddittorio, da un lato, e dell’effettività e
non eccessiva onerosità delle concrete modalità
di esercizio e tutela del diritto di accesso, dall’altro,
possa rinvenirsi nella regola secondo cui, fermo l’onere di
notifica del ricorso introduttivo ad almeno un soggetto
controinteressato, ex art. 21, primo comma, legge TAR,
l’onere processuale del ricorrente di integrazione del
contraddittorio opera solo nel caso in cui l’amministrazione,
nella precedente fase procedimentale, applicando il citato art. 3 del
regolamento del 2006, abbia effettivamente (almeno) individuato (e
chiamato) nel procedimento i soggetti controinteressati.
Nel caso di specie il ricorso introduttivo risulta
essere stato ritualmente notificato ad almeno un controinteressato
(sig. P., che si è anche costituito in giudizio, senza
peraltro svolgere alcun assunto difensivo, né proporre
contestazioni di sorta nel merito, in ordine a una sua presunta
posizione di riservatezza meritevole di tutela).
L’amministrazione, nel rigettare senz’altro la
domanda di accesso, non ha dato applicazione al citato art. 3 del
d.P.R. n. 184 del 2006 e non ha provveduto alla notifica, ivi prevista,
ai controinteressati. I soggetti contemplati dagli atti cui si
riferisce l’accesso, ovvero comunque interessati da tali atti
(soggetti risultati vincitori della procedura di progressione, cui si
riferiscono gli atti di nomina ed immissione in ruolo, con indicazione
della sede conferita agli stessi e degli eventuali benefici concessi o
dei trasferimenti disposti in deroga all’obbligo di
permanenza previsto dal bando) non appaiono portatori, rispetto a
questi documenti, di un controinteresse sostanziale che appaia non
manifestamente infondato e meritevole di tutela, atteso che nessuna
compromissione del loro diritto alla riservatezza pare seriamente
derivabile dal predetto accesso, trattandosi di atti di gestione del
rapporto di pubblico impiego privatizzato, incidenti
sull’organizzazione degli uffici, assunti all’esito
e per effetto di apposite procedure di evidenza pubblica volte alla
selezione dei soggetti da ammettere alla progressione economica entro
le aree contrattuali di appartenenza. Si tratta, dunque, di atti ex
se destinati a essere resi pubblici e accessibili
nell’ambito della strutturazione organizzativa
dell’amministrazione, rispetto ai quali non si ravvisano seri
profili di riservatezza tutelabili in capo a terzi.
In conclusione, sul piano processuale, non
sussistono ragioni per disporre l’integrazione del
contraddittorio nei confronti dei soggetti contemplati dagli atti cui
la domanda di accesso si riferisce.
Venendo al merito, la domanda di accesso
è fondata e meritevole di accoglimento.
Deve premettersi in fatto che il bando della
procedura selettiva oggetto di causa prevedeva (art. 3) che il
candidato dovesse indicare, nella domanda di partecipazione,
<<il Dipartimento o i Dipartimenti (fino ad un massimo di
3) per cui intende concorrere>>, con
l’avvertenza (art. 6, penultimo comma) che <<I
dipendenti inquadrati nella nuova posizione economica dovranno
permanere nella sede di servizio per la quale hanno concorso per un
minimo di tre anni>>.
I ricorrenti, come è pacifico in atti e
come ha riferito la stessa amministrazione nella memoria depositata per
il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli
(prot. n. 80914 del 7 novembre 2006) <<hanno presentato
la propria domanda di partecipazione, esercitando l’opzione
definitiva per un solo dipartimento ed una sola posizione economica per
cui concorrere, ai sensi dell’art. 4 del
bando>> e, per essi <<la partecipazione
alle procedure di riqualificazione si è conclusa in quella
fase non essendosi collocati in posizione utile per essere ammessi a
frequentare i corsi ed a sostenere l’esame
finale>>.
Su questa base l’amministrazione insiste
nel difendere come legittima la sua posizione di diniego
all’accesso, motivata, si rammenta, con la seguente frase:
<<atteso che nessuno degli impiegati in argomento
è stato ammesso a partecipare alle suddette procedure e che,
pertanto, non sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale
all’accesso richiesto da parte dei medesimi>>.
Questa conclusione, ad avviso del Collegio, non
è conforme a legge e va annullata. In realtà i
ricorrenti hanno titolo ad accedere agli atti richiesti. La loro
legittimazione risiede nell’essere dipendenti partecipanti
alle procedure di riqualificazione in discorso e a nulla può
valere in contrario il fatto che non abbiano superato la selezione e
non siano stati ammessi al corso relativo all’unico
dipartimento cui hanno domandato di partecipato (quello di
appartenenza). E ciò per le seguenti ragioni.
I ricorrenti hanno riferito in ricorso che
avrebbero partecipato anche su altri dipartimenti, diversi da quello di
appartenenza, se non fossero stati impediti (o scoraggiati) a tanto
dalla citata clausola dell’art. 6 del bando, di obbligo di
permanenza triennale nella sede di destinazione. Conseguentemente hanno
lamentato di essere stati lesi proprio su tale punto determinante a
causa delle asserite irregolarità che sarebbero state poste
in essere dall’amministrazione nella fase finale della
procedura (mediante assegnazione alla provincia di provenienza dei
concorrenti vincitori su altri dipartimenti, in elusione
dell’obbligo di residenza triennale nella provincia di
destinazione).
L’interesse dei ricorrenti
all’accesso agli <<atti relativi alla procedura
concorsuale . . . ed in particolare degli atti di nomina ed immissione
in ruolo dei soggetti risultati vincitori, con indicazione della sede
conferita agli stessi e degli eventuali benefici concessi o dei
trasferimenti disposti in deroga all’obbligo di permanenza
previsto dal bando>>, trova pertanto adeguato fondamento
nella prospettazione per cui, se l’amministrazione avesse
consentito sin dall’inizio deroghe al ripetuto obbligo di
permanenza triennale, essi esponenti avrebbero partecipato anche su
altri dipartimenti e avrebbero avuto maggiori e più ampie
chance di ammissione e di vittoria. Rispetto a una siffatta
prospettazione d’interesse, indubbiamente seria e coerente (a
prescindere, in questa sede, dalla sua fondatezza nel merito, circa la
veridicità o meno delle denunciate irregolarità),
non può certo valere in senso contrario e negativo
l’argomento speso dall’amministrazione, per cui
“nessuno degli impiegati in argomento è
stato ammesso a partecipare alle suddette procedure e, pertanto, non
sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale
all’accesso richiesto da parte dei medesimi”.
Ora, è noto che la legittimazione
all’accesso ai documenti non coincide con quella al ricorso
giurisdizionale avverso gli atti ed è, rispetto a
quest’ultima, più ampia. Il fatto che i ricorrenti
non siano (stati) legittimati a impugnare gli atti conclusivi della
procedura e le conseguenti nomine e assegnazioni di sede non implica
che essi siano parimenti non legittimati ad accedere ai relativi
documenti.
L’istituto dell’accesso,
infatti, serve non solo alla tutela dei diritti e degli interessi
legittimi dell’individuo, ma anche ad attuare quei principi
di pubblicità-trasparenza che caratterizzano (almeno dal
1990 in poi) l’azione amministrativa. La legge richiede,
sì, una posizione legittimante di base, cui il
“diritto” all’accesso afferisce quale
misura strumentale di esercizio e di tutela ulteriore rispetto al
contenuto tipico delle facultates proprie della
posizione soggettiva di vantaggio tutelata di base (Cons. Stato, ad.
plen., 20 aprile 2006, n. 7). Ma proprio per questo il
“diritto” di accesso si affianca alle
facoltà contenutistiche del diritto soggettivo o
dell’interesse legittimo di base e, come queste,
può essere esercitato anche prima e al di fuori di una
lesione attuale e concreta che renda esercitabile il diritto nella sua
forma di pretesa processuale (azione; interesse ad agire: art. 100
c.p.c.: <<Per proporre una domanda o per contraddire alla
stessa è necessario avervi interesse>>).
Stabilisce l’art. 22, comma 2, nuovo testo, della legge n.
241 del 1990 che <<L'accesso ai documenti amministrativi,
attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse,
costituisce principio generale dell'attività amministrativa
al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne
l'imparzialità e la trasparenza>>.
Indubbiamente vi è stata nella
legislazione una progressiva restrizione dell’area della
legittimazione attiva all’accesso, verificatasi soprattutto
con il d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 e (forse) accentuata con la nuova
formulazione dell’art. 22, comma 1, lettera b)
introdotta dall’art. 15 della legge n. 15 del 2005
(<<b) per «interessati», [si
intendono] tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di
interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale è chiesto
l'accesso>>), formulazione confermata dal d.P.R. 12
aprile 2006, n. 184. La formula originaria dell’art. 22 della
legge n. 241 del 1990 era indubbiamente più ampia ed
esprimeva l’idea per cui l’accesso ai documenti
amministrativi doveva rappresentare soprattutto il mezzo per attuare
l’idea dell’amministrazione come “casa di
vetro” e della controllabilità
dell’agire amministrativo da parte di qualunque cittadino,
anche solo occasionalmente legato all’azione amministrativa
medesima. Resta però vero, pur dopo le citate modifiche
normative restrittive, che l’accesso ai documenti
amministrativi è finalizzato, oltre che alla tutela della
pretesa del singolo, anche alla realizzazione di più ampie
finalità di
controllabilità-democraticità
dell’azione amministrativa. Tali finalità, certo,
non devono trasmodare in un inammissibile controllo generalizzato
dell'operato delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 3, della
legge n. 241, come modificato dall’art. 15 della legge n. 15
del 2005). Ma il travalicamento dall’accesso ai documenti
(consentito) al controllo generalizzato (vietato) è
determinato non già dalla non coincidenza tra legittimazione
al ricorso e legittimazione all’accesso, che è
più ampia, bensì dall’eccessiva
ampiezza e indeterminatezza dell’oggetto
dell’accesso, ossia degli atti rispetto ai quali si domanda
l’accesso (atti magari indicati non puntualmente per le loro
caratteristiche identificative, bensì cumulativamente, per
periodi di riferimento, in relazione alla finalità o al tipo
di funzione cui atterrebbero).
Orbene, nel caso di specie in esame non si
ravvisano elementi di eccessiva ampiezza o di genericità
dell’oggetto del domandato accesso, tali che possano indurre
a ritenere infranto il limite di cui al citato comma 3
dell’art. 24 della legge generale sul procedimento: i
ricorrenti, infatti, hanno chiesto l’accesso a documenti
adeguatamente determinati o determinabili (<<atti
relativi alla procedura concorsuale indetta con circolare ministeriale
n. 004688 del 15 novembre 2000 ed in particolare degli atti di nomina
ed immissione in ruolo dei soggetti risultati vincitori, con
indicazione della sede conferita agli stessi e degli eventuali benefici
concessi o dei trasferimenti disposti in deroga all’obbligo
di permanenza previsto dal bando>>) e ciò
<<al fine di verificare la regolarità della
suddetta procedura>>. L’art. 5, comma 2, del
d.P.R. n. 184 del 2006 stabilisce che il richiedente
<<deve indicare gli estremi del documento oggetto della
richiesta ovvero gli elementi che ne consentano l'individuazione,
specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso all'oggetto
della richiesta>>. Ma non è stabilito che la
domanda debba necessariamente identificare il documento cui si vuole
accedere, bastando a tale scopo l’indicazione degli elementi
che ne consentano l'individuazione. Nel caso in esame, inoltre, come
sopra ampiamente chiarito, i ricorrenti fanno valere un interesse
diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è
chiesto l'accesso, poiché vogliono sapere se
l’amministrazione ha violato la regola del bando –
consentendo ai vincitori di rimanere nel dipartimento di appartenenza
– restringendo in tal modo illegittimamente le loro chance di
partecipazione e di vittoria della selezione (costringendoli
indirettamente a chiedere di partecipare relativamente ai posti
disponibili presso il solo dipartimento di appartenenza), e questo
interesse è idoneo a fondare la domanda di accesso, pur non
coincidendo con la legittimazione e l’interesse ad agire
avverso gli atti cui si riferiscono i documenti del cui accesso si
tratta.
Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve
giudicarsi fondato e meritevole di accoglimento, con conseguente ordine
all’amministrazione resistente di esibire i documenti
richiesti nel termine di legge.
Le spese, secondo il criterio della soccombenza,
devono porsi a carico dell’amministrazione resistente,
nell’importo liquidato in dispositivo.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE V^, letto e applicato
l’art. 25 della legge 241/1990, definitivamente pronunciando
sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per
l’effetto, ordina all’amministrazione resistente,
in persona del suo legale rapp.te p.t., l’esibizione dei
documenti richiesti dalla parte ricorrente.
Condanna il Ministero
dell’economia e delle finanze, in persona del suo legale
rapp.te p.t., al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in
complessivi euro 1.000/00 (mille/00).
Ordina che la presente decisione sia
eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle Camere di
Consiglio del 30 novembre e del 14 dicembre 2006.