T.A.R.
Calabria
- Catanzaro
Sentenza
2 febbraio 2007, n. 31
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della
Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione Prima, composto dai Signori
Magistrati:
Cesare Mastrocola - Presidente
Giovanni Iannini - Primo Referendario Rel. ed Est.
Giovanni Ruiu - Referendario
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 195/2005, proposto da L. G.,
elettivamente domiciliato in Catanzaro, via Nuova Bellavista n. 9,
presso lo studio degli avvocati Alfredo Gualtieri e Demetrio Verbaro,
che lo rappresentano e difendono;
CONTRO
il Comune di K., in persona del Sindaco in carica,
rappresentato e difeso dall'
avv. Oreste Morcavallo e domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;
E
NEI CONFRONTI DI
- I. A., non costituito in giudizio;
- N. M., non costituito in giudizio;
- il Prefetto di J., non costituito in giudizio;
per
l'
annullamento
delle deliberazioni n. 1 e n. 3 del 13 febbraio
2005 del Consiglio Comunale di K., con le quali si è
provveduto a surrogare nel posto di consigliere comunale l'
odierno ricorrente, mediante la nomina del sig. I. A.,
nonché degli altri atti connessi, presupposti e
conseguenziali e, in particolare, della nota n. 884 del 7 febbraio 2005
del Segretario Comunale, nonché della nota prefettizia n.
281/13.3./GAB del 7 febbraio 2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'
atto di costituzione in giudizio del Comune di K.;
Vista l'
ordinanza n. 211 del 22 marzo 2005, con cui è stata accolta
la domanda cautelare proposta;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 26 gennaio 2007
il Primo Referendario Giovanni Iannini ed uditi, altresì, i
difensori delle parti, come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTO
Il 7 febbraio 2005 veniva presentato al Comune di
K. un atto sottoscritto da nove consiglieri comunali, costituenti la
maggioranza dell'
organo consiliare, con il quale gli stessi rassegnavano le proprie
dimissioni irrevocabili dalla carica di consigliere.
L'
evento veniva comunicato dal Segretario Comunale, con nota n. 877 del 7
febbraio 2005, al Prefetto della Provincia di J., che precisava che
solo due consiglieri, I. G. e L. G., erano presenti al momento delle
dimissioni.
Il Prefetto, con telex in pari data, prot. n.
281/13.1/GAB, poneva in luce che le dimissioni non determinavano l'
effetto dissolutorio dell'
organo consiliare, ai sensi dell'
art. 141, comma 1, lett. b, n. 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000
n. 267, recante Testo unico delle leggi sull'
ordinamento degli enti locali., essendo state presentate '
…in maniera difforme da quanto previsto
da art. 38 ottavo comma D.LG.VO n. 267/2000 così come
modificato dalla L. 28.5.2004 n. 140 di conversione del D.L. 29 marzo
2004 n. 80 che prescrive che dimissioni non presentate personalmente
devono essere autenticate et inoltrate at protocollo per tramite
persona delegata con atto autenticato in data non anteriore cinque
giorni'
.
Con nota n. 884 del 7 febbraio il Segretario
Comunale rendeva noto ai consiglieri dimissionari che l'
atto di dimissioni non poteva considerarsi valido, secondo le
indicazioni fornite dal Prefetto.
Il Sindaco, a seguito di un scambio di note con il
Prefetto, convocava il Consiglio Comunale per la seduta del 13 febbraio
2005, nel corso della quale venivano adottate tre deliberazioni. Con le
prime due, la n. 1 e n. 2, si disponeva la surroga, rispettivamente,
dei consiglieri L. e I., ritenendosi valide le dimissioni dei soggetti
che avevano presentato personalmente l'
atto di dimissioni contestuali dei nove consiglieri. Con la terza, la
n. 3, venivano affrontate le questioni sottese alle due deliberazioni
adottate.
Il sig. L. ha, quindi, proposto gravame avverso le
deliberazioni n. 1, con la quale è stata disposta la surroga
in favore del sig. I. A., e n. 3.
Parte ricorrente, precisato, che l'
atto di dimissioni è stato presentato, in realtà,
solo da egli e non dal I., ha affidato il gravame alle seguenti censure:
1) Violazione degli articoli 38 e 141 del T.U.
d.lgs. n. 267/2000.
L'
atto di dimissioni contestuali, da configurare quale atto collettivo
indivisibile, sarebbe finalizzato unicamente a provocare l'
effetto dissolutorio, di talché, in ipotesi di
invalidità dell'
atto stesso, non potrebbe farsi luogo alla surroga di alcuni tra i
dimissionari.
2) Eccesso di potere per sviamento.
L'
organo consiliare avrebbe utilizzato lo strumento della surroga allo
scopo di epurare i soggetti considerati autori del tentativo di
provocare lo scioglimento del Consiglio Comunale, utilizzando allo
scopo il contenuto di una nota della Prefettura, che, in
realtà, poneva in luce l'
impossibilità di procedere alla surroga di due soli
dimissionari. Ciò sarebbe confermato anche dai contenuti di
una nota del Sindaco, allegata alla deliberazione n. 3.
Il ricorrente ha chiesto, pertanto, che, in
accoglimento del ricorso, sia disposto l'
annullamento degli atti impugnati.
Si è costituito il Comune di K.,
eccependo l'
inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione
dell'
atto del Prefetto con il quale è stato negato lo
scioglimento del Consiglio Comunale, nonché per
contraddittorietà tra la volontà del ricorrente
di contestare il mancato avvio delle procedure di scioglimento e la
richiesta di annullamento della delibera di surroga, tesa al
mantenimento della carica di consigliere.
Lo stesso ha dedotto, comunque, l'
infondatezza del ricorso.
Gli altri soggetti intimati non si sono costituiti
in giudizio.
Con ordinanza n. 211 del 22 marzo 2005
è stata accolta la domanda cautelare proposta.
Le parti hanno prodotto memorie.
Alla pubblica udienza del 26 gennaio 2007 la causa
è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. La controversia trae origine dalla
presentazione di un atto sottoscritto da nove dei quindici consiglieri
del Comune di K., contenente le dimissioni irrevocabili dalla carica,
che la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo della Provincia di
J. ha ritenuto, tuttavia, non idoneo a provocare lo scioglimento del
Consiglio, ai sensi dell'
art. 141, comma 1, lett. b, n. 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000
n. 267. Ciò in quanto, come si desume dalla nota prefettizia
di cui in oggetto, l'
atto, non presentato personalmente da tutti i consiglieri dimissionari,
non è stato considerato conforme al disposto dell'
art. 38, ottavo comma, del decreto legislativo, nel testo vigente, che
prevede che le dimissioni non presentate personalmente devono essere
autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona
delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni.
In conseguenza di ciò, essendosi
ritenute valide le sole dimissioni dei consiglieri che avevano
presentato personalmente l'
atto di dimissioni contestuali, è stata disposta da parte
dell'
organo consiliare la surrogazione di questi ultimi.
Si è ritenuto, in sostanza, che l'
atto di dimissioni contestuali dei consiglieri, se anche non idoneo al
fine di provocare lo scioglimento dell'
organo, possa, comunque, determinare la cessazione dalla carica di quei
soggetti che abbiano presentato personalmente l'
atto stesso.
2. Occorre esaminare, in via preliminare, le
eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla
difesa del Comune di K..
Viene eccepito, innanzi tutto, che il ricorso,
volto in gran parte a censurare il mancato avvio delle procedure di
scioglimento del Consiglio Comunale, avrebbe dovuto essere diretto
avverso il diniego implicito opposto dalla Prefettura. All'
uopo non potrebbe considerarsi sufficiente la notificazione del ricorso
alla Prefettura.
L'
eccezione è priva di fondamento.
Le censure dedotte dal ricorrente, tendenti a
contestare la possibilità di procedere alla surroga nel caso
in cui non si realizzi la fattispecie di cui all'
art. 141, primo comma, lett. b, n. 3, per invalidità
connesse alla sottoscrizione di alcuni dei dimissionari, risultano
univocamente dirette a contestare l'
intervenuta cessazione dalla carica. Lo stesso ricorrente, d'
altra parte, afferma espressamente che oggetto del gravame è
il solo atto di surroga e non già il mancato avvio della
procedura di scioglimento.
Del pari infondata l'
altra eccezione di inammissibilità tesa a rilevare una
contraddizione tra l'
intento di provocare l'
effetto dissolutorio e quello di conservare la carica di consigliere
comunale.
È chiaro, infatti, che le intenzioni
del ricorrente possono acquisire rilevanza, sul piano processuale, solo
in quanto esse si riflettano sul contenuto delle censure dedotte. In
proposito, non v'
è che da richiamare quanto precisato riguardo al fatto che
le censure di cui al ricorso sono univocamente dirette a contestare la
cessazione dalla carica, non essendo rinvenibile alcun rilievo teso a
provocare una pronuncia implicante l'
illegittimità del mancato avvio del procedimento di
scioglimento dell'
organo consiliare.
3. Con il primo motivo parte ricorrente deduce la
violazione degli articoli 38 e 141 del d.lgs. n. 267/2000, mettendo in
evidenza la profonda differenza, sotto il profilo della ratio
e della disciplina, esistente tra l'
ipotesi delle dimissioni individuali, disciplinata dall'
art. 38, e quella delle dimissioni collettive, di cui all'
art. 141, finalizzate allo scioglimento del consesso.
Le dimissioni collettive ultra dimidium,
infatti, darebbero vita ad un atto collettivo sottratto alla
disponibilità dei singoli consiglieri dimissionari e non
suscettibile di frazionamento in relazione alle singole
volontà espresse.
In conseguenza, le dimissioni non potrebbero mai
degradare a dimissioni singole e dare, luogo, pertanto, al procedimento
di surrogazione di consiglieri dimissionari. Per tale via si darebbe
spazio ad una volontà oggettivamente diversa da quella
manifestata, tesa unicamente a provocare lo scioglimento del consiglio.
L'
istituto della surrogazione sarebbe informato ad esigenze del tutto
diverse, connesse alla necessità di ovviare alle conseguenze
della volontà del consigliere di rinunciare al munus.
L'
opposta interpretazione, d'
altra parte, favorirebbe strumentalizzazioni di carattere politico.
Secondo il ricorrente, pertanto, non essendosi
verificato l'
effetto dissolutorio cui tendevano le dimissioni collettive, devono
considerarsi in carica tutti i consiglieri, compresi quelli che avevano
validamente manifestato la propria volontà volta ad effetti
dissolutori.
4. Le censure sono fondate.
Le norme di riferimento in materia sono quelle di
cui agli articoli 38, ottavo comma, e 141, primo comma, lett. b, n. 3
del Testo Unico approvato con d.lgs. 267/2000.
Dispone l'
art. 38, ottavo comma: '
Le dimissioni dalla carica di consigliere,
indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate
personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell'
ente nell'
ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate
personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per
il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non
anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di
presa d'
atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre
dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari,
con separate deliberazioni, seguendo l'
ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo.
Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si
debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell'
articolo 141'
.
L'
art. 141, primo comma, prevede che i consigli comunali vengono sciolti
con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
dell'
interno, tra l'
altro, quando non possa essere assicurato il normale funzionamento
degli organi e dei servizi (lettera b), per le cause ivi contemplate,
fra cui quella della '
cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche
con atti separati purché contemporaneamente presentati al
protocollo dell'
ente, della metà più uno dei membri assegnati,
non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia'
(n. 3).
Dalla norma di cui all'
art. 38 si desume, innanzi tutto, che le dimissioni resa dal
consigliere comunale, oltre che irrevocabili, sono immediatamente
efficaci e non abbisognano di accettazione.
Le dimissioni, d'
altra parte, possono essere validamente presentate secondo due
modalità: personalmente dall'
interessato ovvero da parte di persona delegata. In questa seconda
ipotesi, però, l'
atto di dimissioni deve presentare un'
autentica e deve essere autenticato lo stesso atto di delega, peraltro
in data non anteriore a cinque giorni rispetto a quello di
presentazione.
Nel caso di specie, come risulta dall'
esposizione in fatto, il Segretario Comunale di K. ha comunicato al
Prefetto che, al momento della presentazione delle dimissioni,
contenute in un unico atto, erano presenti solo due consiglieri, vale a
dire G. I., odierno ricorrente, e G. L..
Non risultando autentica delle sottoscrizioni
né delega autenticata dei dimissionari non presenti all'
atto della presentazione, non si è dato corso al
procedimento di scioglimento del Consiglio Comunale.
Si è, invece, fatto luogo al
procedimento di surroga dei due consiglieri risultati presenti al
momento della presentazione dell'
atto di dimissioni, vale a dire I. e L.. In sostanza, come
già detto in precedenza, nei confronti di questi due
consiglieri si è ritenuta validamente realizzata la
fattispecie di cui all'
att. 38 ottavo comma, della presentazione personale delle dimissioni,
irrevocabili ed immediatamente efficaci.
5. La fattispecie evoca problematiche giuridiche
in ordine alle quali la giurisprudenza risulta divisa.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, nel
caso di dimissioni ultra dimidium, occorre
valorizzare il collegamento esistente tra le volontà dei
singoli consiglieri in funzione dell'
obiettivo unitario dello scioglimento e qualificare l'
atto recante le dimissioni quale atto collettivo, caratterizzato dall'
inscindibilità del legame esistente tra le
volontà espresse dai singoli dimissionari, risultante dalla
contestualità delle dimissioni rese con un unico atto ovvero
dalla sostanziale contestualità della protocollazione degli
atti separati recanti le dimissioni. Tale orientamento giunge ad
escludere, nel caso in cui il procedimento di scioglimento non abbia
luogo a causa dell'
irregolarità di alcuna tra le manifestazioni di
volontà, che si possa far luogo ad un procedimento di
surroga (in tal senso, fra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. I, 29
gennaio 2004 n. 846; Consiglio di Stato, Sez. VI, ord. 23 maggio 2006
n. 2560; la contestualità, documentale o temporale, delle
dimissioni viene assunta quale elemento che caratterizza l'
atto come atto collettivo in Consiglio di Stato, Sez. V, 4 febbraio
2004 n. 371).
Un diverso orientamento pone, invece, in risalto
che l'
atto di dimissioni, quale configurato dalla legge, è da
qualificare quale actus legitimus, che non tollera
l'
apposizione di termini e di condizioni, di talché il mancato
verificarsi dell'
evento costituito dallo scioglimento del consiglio comunale non
può incidere sul verificarsi dell'
effetto proprio delle dimissioni stesse, vale a dire la cessazione
dalla carica. L'
irrevocabilità delle dimissioni e la loro immediata
efficacia, secondo tale orientamento, rende palese l'
irrilevanza dello scopo dell'
atto ed impedisce di considerare prive di effetto o invalide, ai fini
della permanenza in carica, le dimissioni validamente rese da alcuni
tra i consiglieri che hanno partecipato alla formazione dell'
atto teso a provocare l'
effetto dissolutivo. Da qui la conseguenza dell'
avvio, nei confronti di questi ultimi, del procedimento di surroga, di
cui all'
art. 38, ottavo comma, del d.lgs. n. 267/2000 (tra le altre, TAR
Puglia, Lecce, Sez. I, 18 dicembre 2001 n. 7995; TAR Calabria,
Catanzaro, Sez. II, 11 luglio 2006 n. 816).
6. Il Collegio, pur prendendo atto della
consistenza delle argomentazioni poste alla base di questo secondo
orientamento, ritiene di aderire all'
altra opzione ermeneutica, che considera precluso il procedimento di
surroga nel caso in cui le dimissioni, rese contestualmente, in quanto
contenute in un unico atto o presentate insieme al protocollo, non
abbiano dato luogo allo scioglimento del consiglio.
A ciò spinge la considerazione che il
vigente quadro normativo dà giuridico rilievo alla stretta
connessione esistente tra le volontà dei soggetti
dimissionari, allorché condiziona l'
effetto dissolutivo alla contestualità (temporale o
documentale) delle dimissioni.
Tale elemento della contestualità o
simultaneità è assunto come idoneo a costituire
prova della volontà concordata ed irrevocabile della
maggioranza indicata dalla legge di provocare lo scioglimento del
consiglio comunale (in questi termini, Consiglio di Stato, Sez. V, 6
maggio 2003 n. 2382, che richiama, a sua volta, Consiglio di Stato,
Sez. I, parere 10 ottobre 2002 n. 3049).
Orbene, se per tale via la
contestualità o simultaneità vale a
caratterizzare le dimissioni ultra dimidium
(Consiglio di Stato, Ad. Plen., 24 luglio 1997 n. 15, resa con
riferimento al precedente assetto normativo) in quanto dimostra l'
esistenza di una determinata volontà concordata diretta allo
scioglimento dell'
organo, sembra corretto ritenere che tale volontà stessa
valga a segnare una netta cesura tra l'
ipotesi in questione e le altre ipotesi di dimissioni.
In altri termini, se il collegamento tra le
volontà dei dimissionari, dimostrato dalla
contestualità, assume un rilievo tale da determinare un
effetto dissolutorio, che, invece, non si verifica laddove non sia
riscontrabile la contestualità, tale collegamento, e quindi
lo scopo perseguito con l'
atto, non può considerarsi irrilevante allorché,
per l'
invalidità di alcune tra le dichiarazioni di dimissioni, non
risulti superata la metà più uno dei membri
assegnati.
Al di là, quindi, della questione se l'
atto in discorso sia qualificabile come collettivo, ciò che
sembra assumere rilevanza decisiva è il contenuto specifico
della disciplina normativa dettata per il caso in cui la cessazione
dalla carica per dimissioni della metà più uno
dei membri assegnati sia frutto di un disegno unitario volto a
provocare lo scioglimento del consiglio, rivelato dalla
contestualità delle dimissioni. Tale disciplina distingue
nettamente l'
ipotesi contemplata dall'
art. 38, ottavo comma, rispetto a quella di cui all'
art. 141, primo comma, lettera b n. 3, del Testo Unico enti locali
(rimarca la distinzione, fra le altre, Consiglio di Stato, Sez. V, 10
gennaio 2005 n. 29).
Nell'
ipotesi delle dimissioni contestuali viene assunto quale elemento
dirimente un vincolo che lega le volontà dei dimissionari in
un unico disegno, la cui rilevanza, a giudizio del Collegio, non
può essere negletta allorché, come nel caso di
specie, non si sia realizzato l'
intento dissolutorio perseguito.
La manifestazione della volontà di
dimettersi, espressa contestualmente dalla metà
più uno dei membri assegnati, non può, pertanto,
essere considerata prescindendo dall'
indissolubile legame esistente tra le volontà dei soggetti
dimissionari e, quindi, valutata alla stregua di una dichiarazione di
dimissioni resa a norma dell'
art. 38, ottavo comma.
Quanto sopra induce a ritenere la fondatezza della
censura e ad affermare l'
illegittimità delle deliberazioni oggetto di impugnazione.
8. È il caso di precisare, infine, che
non appare condivisibile l'
affermazione del Comune resistente che, al fine di escludere la
possibilità stessa di fare riferimento alla fattispecie di
cui all'
art. 141, pone in rilievo che non vi è alcuna prova dell'
autenticità delle firme apposte sull'
atto dai consiglieri che non hanno curato la personalmente
presentazione.
Il fatto che non vi sia un'
autentica, se assume rilievo ai fini previsti dalla legge, non
comporta, infatti, quale automatica conseguenza la negazione della
veridicità delle sottoscrizioni dei consiglieri
dimissionari, almeno fino a quando non intervenga un disconoscimento
operato nei modi previsti.
9. In conclusione, il ricorso, risulta fondato,
con conseguente annullamento delle deliberazioni impugnate. Restano
assorbiti i motivi non esaminati.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le
parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale della Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione Prima, accoglie il
ricorso e, per l'
effetto, annulla le deliberazioni impugnate.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'
Autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro, nella Camera
di Consiglio del 26 gennaio 2007.